Cos'è il clientelismo

In determinate situazioni il voto o più specificatamente un pacchetto di voti potrebbe essere utilizzato per acquisire vantaggi e favori indebiti. Questo fenomeno degenerativo della democrazia ha avuto un forte diffusione nel corso della storia politica italiana.

Definizione di Clientelismo politico

Il clientelismo identifica un comportamento, un modello di relazione tra persone animato dall'interesse e dallo scambio di favori che crea un danno agli altri e alla collettività. Nel clientelismo politico il suddetto modello di relazione viene esteso alle relazioni politiche e in particolare al rapporto tra politico ed elettore: il politico promette ed elargisce benefici in cambio di voti oppure tesse relazioni attraverso lo scambio di favori per occupare posizione di potere o di privilegio.

Le pratiche clientelari non comportano necessariamente la violazione di norme di legge o di regolamenti, ma comportano sempre la violazione dei principi di equità e giustizia e di norme etiche.

Il clientelismo generalmente danneggia i soggetti che sono scavalcati dai beneficiari delle pratiche clientelari, cioè i soggetti a cui sarebbe spettato il beneficio in assenza di comportamenti clientelari, e l'intera collettività poiché la diffusione di questi comportamenti è incompatibile con la meritocrazia e con forme di competizione virtuosa. Le pratiche clientelari in politica e nell'amministrazione pubblica generano inoltre un senso di sfiducia verso le istituzioni.

Gli effetti più negativi a livello sociale si manifestano quando la percezione della diffusione di comportamenti clientelari diventa talmente forte, che buona parte della società si convince della necessità di coltivare pratiche clientelari per non essere scavalcata da coloro che le attuano.

In Italia il clientelismo politico è stato molto utilizzato nella costruzione del consenso elettorale. Infatti, si parla di sistema clientelare della politica per indicare una anomalia dell'evoluzione della democrazia in Italia nel II dopoguerra. La particolare situazione geopolitica dell'Italia nel secondo dopoguerra aveva determinato da un lato una forte contrapposizione ideologica tra comunisti e democristiani, dall'altro la necessità di alimentare con ogni mezzo il consenso elettorale della Democrazia Cristiana. Per alimentare questo consenso le pratiche clientelari si rivelarono molto efficaci, tant'è vero che sono state talmente utilizzate dai partiti italiani che ne ha risentito la stessa organizzazione dello Stato. Per agevolare il controllo dei voti attraverso le pratiche clientelari è stata infatti favorita la proliferazione dei centri di potere, ovvero la cosiddetta struttura ad arcipelago dello Stato italiano, ma si sono moltiplicate anche le correnti politiche all'interno dei partiti, gli enti pubblici inutili, l'inefficienza e la corruzione nella pubblica amministrazione.

Probabilmente il clientelismo politico ha giocato un ruolo determinante anche nella seconda Repubblica. I politici non sono stati capaci di liberarsi dai vincoli e dai condizionamenti generati da un rapporto viziato con i propri elettori, dalle relazioni di tipo utilitaristico e dai rapporti "do ut des", che hanno condizionato e distorto il potere politico facendo prevalere interessi particolari sull'interesse generale e, in ultima analisi, determinato il fallimento di qualsiasi serio tentativo di riforma per la modernizzazione del paese.

Paradossalmente, uno dei rovesci della medaglia del clientelismo politico in Italia è stato l'indebolimento del potere politico nel lungo periodo.