Il Parlamento italiano

Il Parlamento è il fulcro dell’ordinamento democratico dello Stato poiché è l’organo collegiale rappresentativo dei cittadini e l’organo costituzionale titolare del potere legislativo. Inoltre, avendo l’Italia adottato la forma di governo parlamentare, il Parlamento è anche responsabile della formazione e dell’indirizzo politico del Governo ovvero del potere esecutivo.

Parlamento in seduta comune presso la camera dei deputati

Il Parlamento italiano, come la maggior parte dei parlamenti degli stati democratici, si compone di due camere ovvero di due assemblee legislative che collaborano tra loro. Dopo la riforma costituzionale del 19 Ottobre 2020, la Camera dei Deputati si compone di 400 deputati mentre il Senato della Repubblica si compone di 200 senatori, ai quali si aggiungono un numero variabile di senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica. Tuttavia, il Parlamento italiano si differenzia della quasi totalità dei parlamenti delle democrazie occidentali per essere caratterizzato dal “bicameralismo perfetto”, ovvero da una particolare modalità di funzionamento del bicameralismo.

Il bicameralismo perfetto consiste in un particolare processo di approvazione delle leggi che, di fatto, non aggiunge una garanzia di maggiore democraticità al processo legislativo ma, al contrario, lo rende più dispendioso e macchinoso rallentando l'attività legislativa e, paradossalmente, abbassando il livello qualitatitivo delle leggi. Questa è probabilmente una delle cause per cui i mass media e gli stessi politici, soprattutto in passato, hanno definito il Parlamento italiano come una "palude".

Come già accennato il parlamento italiano si compone di due assemblee legislative, la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica. La presenza di due camere di per sè non costituirebbe un problema se le due assemblee avessero funzioni differenti come generalmente accade nelle altre democrazie, invece in Italia le due assemblee sono dotate di strutture organizzative e funzioni sostanzialmente identiche: il bicameralismo perfetto o paritario.

In sintesi, il bicameralismo perfetto comporta che le deliberazioni di una camera per essere approvate in via definitiva devono ottenere anche l'approvazione dell'altra camera, ma a condizione che quest'ultima non abbia apportato modifiche al testo deliberato dalla prima camera. Il voto contrario di una camera su un provvedimento precedentemente approvato dall'altra camera ne provoca la bocciatura ostacolandone anche l'immediata riproposizione, mentre una eventuale modifica di un provvedimento da parte della camera che lo esamina per seconda comporta che il provvedimento modificato dovrà tornare indietro per l'approvazione definitiva alla camera che lo ha esaminato per prima e così di seguito fino a quando entrambe le camere non approvano lo stesso identico testo.

Il Parlamento è il fulcro dell'ordinamento democratico italiano, poiché:

  • è l'organo dello Stato rappresentativo dei cittadini, ovvero è l'unico organo dello Stato che i cittadini possono eleggere, attraverso la mediazione dei partiti politici;
  • è l'organo titolare del potere legislativo, ovvero solo il Parlamento può approvare le leggi ordinarie e con un procedimento rafforzato le leggi costituzionali;
  • è l'organo responsabile della formazione e dell'indirizzo politico del Governo, attraverso la costituzione di una maggioranza parlamentare e il meccanismo del voto di fiducia (avendo l'Italia adottato la forma di governo parlamentare).

Le funzioni principali del Parlamento sono:

  1. elaborare e approvare le leggi dello Stato;
  2. consentire la formazione e la nomina del Governo.

La funzione legislativa, ovvero il processo di produzione e approvazione delle leggi dello Stato, è disciplinata dalla carta costituzionale sulla base del bicameralismo perfetto e dai regolamenti parlamentari che sono approvati dallo stesso Parlamento, ovvero dalle due camere rispettivamente, e che disciplinano anche le procedure e l'organizzazione interna delle due assemblee essendo l'autonomia delle Camere garantita anche a livello contabile e di autodichia.

Occorre evidenziare come l'inefficienza del Parlamento nell'elaborare le leggi abbia avuto delle conseguenze dirette e permanenti, modificando nei fatti il processo legislativo originariamente previsto dalla Costituzione.

In primo luogo, l'iniziativa legislativa è ormai passata quasi completamente nelle mani del Governo, poiché i progetti di legge di inizitiva parlamentare che arrivano a buon fine sono molto pochi e generalmente attengono leggi sui diritti e questioni di coscienza. Che il Parlamento riesca ad attivarsi efficacemente solo dietro impulso dell'iniziativa governativa è testimoniato anche dal ricorso ormai abitudinario dei Governi ai decreti legge (che secondo la Costituzione dovrebbero essere adottati solamente in casi straordinari di necessità e urgenza) e ai decreti legislativi (leggi delega dove si chiede al Governo di legiferare, ma fissando limiti stringenti alle prerogative normative del Governo).

In secondo luogo, la questione di fiducia è ormai posta sempre più spesso sulle votazioni del Parlamento per l'approvazione delle leggi d'iniziativa governativa e di conversione dei decreti legge. La frequenza delle richieste del voto di fiducia sui provvedimenti normativi più disparati, pur non rappresentando un vulnus per il processo democratico, testimonia la scarsa coesione delle maggioranze parlamentari che devono continuamente essere pungolate per essere produttive, ovvero testimonia una debolezza del Parlamento proprio nel processo legislativo che invece dovrebbe essere un suo punto di forza.

Per quanto riguarda, invece, la funzione di formazione del Governo il primo passaggio è la costituzione di una maggioranza parlamentare. Dopo le elezioni politiche o anche durante il corso di una legislatura, i partiti politici eletti o rappresentati in Parlamento stringono alleanze per acquisire la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le camere. Il Parlamento risulta così diviso in due schieramenti principali: la maggioranza e l'opposizione.

I partiti politici che hanno formato la maggioranza parlamentare, con la collaborazione e il ruolo esercitato dal Presidente della Repubblica, definiscono la formazione del Governo proprio in virtù del fatto che sono in grado di far ottenere al Governo il cosiddetto voto di fiducia del Parlamento e, successivamente, di sostenerlo durante la sua attività.

Questa è l'essenza della forma di governo parlamentare: il Governo, titolare del potere esecutivo, è espressione della parte maggioritaria del Parlamento e ad essa è indissolubilmente legato. Le sorti e l'azione del Governo dipendono dalle vicende della maggioranza parlamentare e dei partiti politici che la compongono, poiché la fiducia del Parlamento è revocabile, o può diventare insussistente, in qualsiasi momento.

La forma di governo parlamentare comporta quindi una disamina del Parlamento come luogo in cui si formano e prendono vita le maggioranze parlamentari in funzione degli accordi e del lavoro svolto dalle segreterie dei partiti politici.

Innanzitutto, occorre precisare che a livello teorico le alleanze tra partiti politici al fine di formare una maggioranza parlamentare non sarebbero obbligatorie: un partito che da solo riuscisse a ottenere la maggioranza assoluta dei voti in Parlamento non avrebbe la necessità di allearsi con altri partiti, essendo in grado di esprimere e sostenere un governo in assoluta autonomia. Nella pratica in un sistema di partiti frammentato come quello italiano questa eventualità non si è mai realizzata, anche se in passato si sono avuti governi cosiddetti "monocolore", cioè governi espressione di un solo partito (sebbene la maggioranza fosse composta).

Per comprendere le implicazioni della forma di governo parlamentare può essere utile analizzare la tempistica delle alleanze tra partiti politici, ovvero se gli accordi tra i partiti politici si consolidano prima o dopo le elezioni.

La repubblica parlamentare italiana, così come originariamente concepita nella Costituzione, prevedeva un sistema elettorale di tipo proporzionale che spingeva i partiti a presentarsi alle elezioni singolarmente per poi accordarsi e consentire la nascita di un governo successivamente all'elezione del Parlamento, ovvero dopo che le elezioni politiche avevano stabilito quali erano i rapporti di forza tra i partiti politici.

Successivamente, nel tentativo di garantire stabilità ai governi consentendo al corpo elettorale di scegliere direttamente una maggioranza parlamentare precostituita, mitigando al contempo il potere dei partiti politici di fare accordi extraparlamentari poco trasparenti spesso frutto di giochi di potere e concessioni di poltrone, la legge elettorale è stata più volte modificata nel senso di favorire le alleanze tra partiti politici prima dello svolgimento delle elezioni.

Tuttavia, questa svolta verso un sistema elettorale tendenzialmente maggioritario, che ha contribuito alla nascita della cosiddetta seconda Repubblica, non ha dato i risultati sperati. Anzi, la situazione è peggiorata e le alleanze tra partiti si sono fatte sia prima delle elezioni, formando le coalizioni elettorali, sia dopo le elezioni, con il risultato che il potere extraparlamentare dei partiti invece di diminuire è di fatto aumentato, gli accordi di palazzo, ovvero le trattative tra partiti non discusse in Parlamento, hanno acquisito un ruolo ancora più decisivo, si è accresciuta nei cittadini la sensazione di partiti sempre più distanti dalle loro esigenze, mentre i governi sono comunque rimasti instabili. 

Il Parlamento viene tassativamente rinnovato ogni cinque anni attraverso le elezioni politiche, tuttavia il rinnovo del Parlamento può essere anticipato qualora il Presidente della Repubblica decida lo scioglimento prematuro delle camere.

Il periodo di tempo che intercorre tra due elezioni politiche definisce la durata di una legislatura, ovvero, la durata di una legislatura indica il periodo di tempo in cui i rappresentanti politici eletti in Parlamento restano in carica, salvo casi particolari di dimissioni individuali. Ad esempio, la XVI legislatura è iniziata il 29 aprile 2008 in seguito alle elezioni del 13-14 aprile 2008 ed è finita il 14 marzo 2013 in seguito all'insediamento in data 15 marzo 2013 del nuovo Parlamento eletto con le elezioni del 24-25 febbraio 2013.

Come accennato la sorte dei governi e quindi la loro stabilità dipende dalle sorti della maggioranza parlamentare, cioè dalle vicende dei partiti che per i più svariati motivi possono arbitrariamente decidere di mettere in discussione le proprie alleanze durante la legislatura, frequentemente per motivi connessi a calcoli elettorali, e far venir meno così la consistenza della maggioranza parlamentare.

La scomposizione e la ricomposizione di diverse maggioranze parlamentari durante una legislatura genera l'instabilità dei governi. In base alla consistenza dei cambiamenti di indirizzo politico dei partiti può verificarsi la sostituzione di alcuni componenti del governo, il cosiddetto rimpasto, oppure la crisi di governo (con le dimissioni e la sfiducia del governo in carica) e la formazione di un nuovo governo, quindi senza la necessità di rinnovare anche il Parlamento. Ad esempio, la citata XVI legislatura ha prodotto due governi e nello specifico il governo Berlusconi IV (in carica dall'8 maggio 2008 al 16 novembre 2011) ed il governo Monti (in carica dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013).

Le distorsioni generate dalla instabilità delle maggioranze parlamentari e quindi dei governi condizionano in senso negativo i rapporti tra maggioranza parlamentare e governo e conseguentemente anche la produzione e l'esito delle leggi d'iniziativa parlamentare.

Successivamente all'elezione di un nuovo Parlamento il governo in carica deve sempre essere sostituito, sia nel caso le elezioni siano state provocate da una crisi di governo e dalla impossibilità dei partiti di comporre una nuova maggioranza e quindi dalla conseguente decisione del capo dello Stato di sciogliere le camere e indire elezioni anticipate, sia nel caso della naturale scadenza della legislatura senza che il governo in carica sia stato sfiduciato. Il governo deve essere sostituito anche se non è stato mai sfiduciato poiché dopo le elezioni politiche la composizione del Parlamento muta necessariamente e occorre, quindi, ricomporre una nuova maggioranza parlamentare che voti la fiducia al governo.