Le anomalie parlamentari durante la XVII legislatura

Periodo di riferimento: 2013 - 2018
Durante la XVII legislatura alcuni malfunzionamenti del sistema parlamentare italiano sono stati aggravati dall’instabilità del sistema politico. La legislatura è iniziata con una situazione di stallo del Parlamento sia per la formazione del governo che per l’elezione del Presidente della Repubblica e che ha indotto i partiti politici a ri-eleggere Giorgio Napolitano per un secondo mandato. Paradossalmente, sebbene in questa legislatura ci sia stato un solo effettivo cambio di maggioranza che non ha provocato una crisi di governo, si sono succeduti tre governi principalmente a causa del conflitto interno al Partito Democratico. La proliferazione di gruppi parlamentari scollegati dai partiti politici ha fortemente indebolito la rappresentanza democratica, poiché l’abuso di questa prerogativa consentita dai regolamenti parlamentari recide il rapporto tra gli elettori e i partiti politici votati.

Sala del Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi

Per anomalia parlamentare si intende una deviazione o una interruzione dei processi che consentono ai parlamentari di costituire una maggioranza, di formare e sostenere un governo, di promuovere e finalizzare le leggi di iniziativa parlamentare.

La repubblica italiana ha adottato la forma di governo parlamentare, ovvero il potere esecutivo è espressione della maggioranza parlamentare e da questa legittimato. In altre parole, a differenza della forma di governo presidenziale il potere esecutivo non viene eletto, non è legittimato da un’elezione, non si contrappone all’assemblea parlamentare ma, al contrario, è una sua emanazione.

In pratica, le responsabilità di governo del paese ricadono sul Parlamento e più specificatamente sui partiti politici, ovvero sui gruppi parlamentari, che formano la maggioranza.

Le responsabilità di governo della maggioranza parlamentare si sostanziano, sia nella formazione e nel sostegno al Governo attraverso il meccanismo del voto di fiducia, sia nell’approvazione delle leggi ordinarie che costituiscono lo strumento giuridico principale per governare il paese, essendo gli altri strumenti normativi, come ad esempio i decreti e i regolamenti, fonti secondarie che non possono contrastare con le leggi ordinarie.

Infatti, a diferenza dei sistemi presidenziali, la nostra Costituzione pone dei limiti stringenti al potere legislativo del Governo sancendo all’art. 76 che “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.” e all’art. 77 che “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”

Questa architettura costituzionale presenta le sue maggiori criticità non solamente nella dialettica che si instaura tra partiti politici per la formazione della maggioranza parlamentare, ma anche nella dialettica tra maggioranza e opposizione, tra maggioranza e Governo e tra Governo e singoli partiti politici.

La prima eclatante anomalia parlamentare della XVII legislatura è stata sostanzialmente determinata dalla formazione di un terzo polo politico, composto da un solo partito, il Movimento 5 Stelle, che si è trovato nelle condizioni di poter contravvenire alla logica di fondo della forma di governo parlamentare rifiutando qualsiasi dialettica con gli altri partiti politici.

Il risultato è stato che il sistema politico e il Parlamento sono entrati in una situazione di stallo. L’empasse è stata superata con una iniziativa piuttosto inconsueta del Presidente della Repubblica che ha indotto i due principali schieramenti tradizionalmente contrapposti a trovare un punto d’incontro. A garanzia di questa dialettica, Giorgio Napolitano è stato ri-eletto per un secondo mandato da Presidente.

La seconda anomalia parlamentare attiene alla dialettica tra maggioranza e governo o nel caso specifico tra un singolo partito politico e governo.

Generalmente le crisi di governo o i cambiamenti della compagine governativa, i cosiddetti rimpasti, sono determinati da cambiamenti della maggioranza parlamentare.

Durante la XVII legislatura della Repubblica italiana (15 marzo 2013 - 22 marzo 2018) si sono alternati tre governi guidati, in successione, da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Tutti e tre i Presidenti del Consiglio sono stati espressi dal Partito Democratico e l’unico sostanziale cambiamento della maggioranza parlamentare - determinato dalla scissione del Popolo della Libertà con la defezione di Forza Italia e l’ingresso nella maggioranza del Nuovo Centrodestra - non ha determinato una crisi di governo.

Le due crisi di governo sono state, invece, determinate da vicende e conflitti interni al Partito Democratico che evidentemente nel corso della XVII legislatura ha promosso tre indirizzi politici differenti. In effetti la particolarità del governo Renzi, che è stato una specie di kamikaze delle riforme istituzionali, può spiegare almeno in parte questi cambiamenti dell’esecutivo.

In ogni caso, quando l’instabilità del governo arriva a dipendere dall’instabilità di un singolo partito, la situazione politica appare ancora più preoccupante rispetto a quando l’instabilità dipende dalla maggioranza parlamentare. Non solo i partiti non riescono a collaborare tra loro ma addirittura sono le componenti stesse di un partito che non riescono a trovare una sintesi: una sorta di regressione della dialettica politica.

Durante la XVII legislatura le fibrillazioni e i conflitti interni di un singolo partito politico, invece di trovare una sintesi definitiva nelle sedi di governo del partito, sono state traslate all’occorrenza nell’azione di governo attraverso cambiamenti di indirizzo politico dell’esecutivo e della sua composizione.

Dal punto di vista istituzionale, l’instabilità del quadro politico non dovrebbe riflettersi sull’instabilità dell’esecutivo in modo continuativo, come accade in Italia, ma solamente periodicamente ovvero all’inizio della legislatura o in situazioni straordinarie. La maggioranza parlamentare dovrebbe essere un luogo di mediazione del conflitto tra partiti, un luogo in senso figurato in cui la dialettica tra i partiti della maggioranza giunge a una sintesi. E' solamente quando questa sintesi diventa impossibile da raggiungere che dovrebbe essere coinvolto l’esecutivo. Invece, nel sistema parlamentare italiano sono i governi che devono continuamente cercare la mediazione tra le forze politiche della maggioranza, spesso con il ricorso al voto di fiducia, ma esponendosi a travisamenti, distorsioni e finanche falsificazioni funzionali alle strategie di comunicazione dei partiti e della propaganda politica che non trovano alcun fondamento nei provvedimenti normativi emanati o che il governo vorrebbe emanare.

Infine, un’altra anomalia parlamentare della XVII legislatura riguarda la proliferazione di gruppi parlamentari.

Sommariamente hanno fatto parte della maggioranza parlamentare che ha sostenuto il governo Letta (aprile 2013 - febbraio 2014): il Partito Democratico, Scelta Civica, il Popolo della Libertà, l'Unione di Centro e Grande Sud con l'appoggio esterno del Partito Socialista Italiano, del Centro Democratico, Südtiroler Volkspartei e altri partiti minori (PATT, USEI, MAIE, UV, UpT). Dopo la scissione del Popolo della Libertà, che ha generato la rinascita di Forza Italia e la nascita del Nuovo Centrodestra, e la scissione di Scelta Civica che ha generato la nascita dei Popolari per l'Italia, nel mese di novembre 2013 Forza Italia e Grande Sud hanno ritirato il loro appoggio al governo mentre sono entrati nella maggioranza il Nuovo CentroDestra e i Popolari per l'Italia.

Sempre sommariamente, hanno fatto parte della maggioranza parlamentare che ha sostenuto il governo Renzi (febbraio 2014 - dicembre 2016): il Partito Democratico, il Nuovo CentroDestra, l'Unione di Centro, Scelta Civica, il Partito Socialista Italiano, Democrazia Solidale (costituita da parlamentari fuoriusciti da SC e altri) e il Centro Democratico con l'appoggio esterno del gruppo ALA di Denis Verdini (fuoriuscito da FI), Südtiroler Volkspartei, Italia dei Valori e altri partiti minori (PATT, UpT, USEI, UV, ApI, MAIE).

Infine, hanno fatto parte della maggioranza parlamentare che ha sostenuto il governo Gentiloni (dicembre 2016 - maggio 2018): il Partito Democratico ridimensionato dalla scissione del 25 febbraio 2017 di Articolo 1 - Mdp, Alternativa Popolare (ex Nuovo CentroDestra), i Centristi per l'Europa, il Partito Socialista Italiano, i Civici e Innovatori (ex Scelta Civica), Democrazia Solidale e Centro Democratico con l'appoggio esterno del gruppo ALA-Scelta Civica-MAIE, Südtiroler Volkspartei, Italia dei Valori e altri partiti minori (PATT, SA, UV, UpT, USEI, Mod, LC, LPP).

Come si evince dalla semplice elencazione dei partiti che hanno sostenuto le suddette maggioranze parlamentari, nel corso della XVII legislatura si sono verificate, sia nella Camera dei deputati che in Senato, numerose mutazioni delle forze politiche rispetto a quelle originariamente elette in Parlamento, sebbene il quadro politico complessivo scaturito dalle elezioni del 2013 sia rimasto sostanzialmente lo stesso.

Considerando anche i movimenti avvenuti tra le fila dell'opposione, tra scissioni, cambi di denominazione, fondazione di nuovi partiti e cambi di casacca dei parlamentari, di fatto diverse forze politiche presenti in Parlamento hanno perso qualsiasi legame con i partiti originariamente votati dagli elettori nel 2013.

Infatti, sebbene le candidature al Parlamento siano presentate dai partiti politici, i regolamenti parlamentari consentono ai senatori e ai deputati di formare gruppi parlamentari sconnessi dai partiti che li hanno fatti eleggere. Questi regolamenti hanno favorito una scomposizione, ricomposizione e proliferazione senza precedenti dei gruppi parlamentari.

L'assenza di legami diretti tra gruppi parlamentari e partiti politici indebolisce i principi alla base della democrazia rappresentativa, disorienta gli elettori e favorisce sia la deresponsabilizzazione dei parlamentari nei confronti dei partiti che li hanno candidati al Parlamento, sia degli stessi partiti politici nei confronti degli elettori.

Infatti, durante la XVII legislatura numerose forze politiche nate in Parlamento e mai sottoposte al vaglio degli elettori hanno condizionato le dinamiche parlamentari spesso in maniera determinante.

Una conferma dell'indebolimento della rappresentanza democratica e del ruolo che la Costituzione assegna ai partiti politici può essere rilevato anche nelle liste presentate per le elezioni politiche del 4 marzo 2018. Come evidenziato da Salvatore Curreri, si è prefigurato un uso strumentale dei simboli e delle alleanze da parte di alcune forze politiche il cui solo intento era di conquistare seggi in Parlamento, complici gli stessi partiti e coalizioni in cerca di voti.

Il proliferare di liste che raccolgono diversi simboli al proprio interno sarebbe, infatti, una conseguenza del regolamento emanato dal Senato della Repubblica il 20 Dicembre 2017 per tentare di porre un freno alla costituzione di gruppi parlamentari scollegati dai partiti politici effettivamente eletti in Parlamento.

Eppure, la formazione di gruppi parlamentari coerenti con i partiti votati dagli elettori non solo servirebbe a garantire la qualità della rappresentanza democratica e l'affidabilità dei parlamentari e dei partiti, ma anche a tutelare la solidità e la coesione della maggioranza parlamentare.