Risultati referendum costituzionale 2016

Periodo di riferimento: 2016
Il referendum confermativo del 4 Dicembre 2016 sancì la bocciatura della riforma costituzionale già approvata dal Parlamento. Tuttavia, questo evento referendario costituisce un esempio di come i partiti politici possano strumentalizzare ai fini della lotta politica questo istituto di partecipazione popolare. E', infatti, innegabile come la finalità del referendum confermativo del 2016 sia stata palesemente distorta: l’obiettivo dei partiti politici ingenuamente dichiarato sia in campagna elettorale che nei primi commenti dopo il risultato referendario è stato quello di “mandare a casa il governo Renzi” piuttosto che di mettere i cittadini in condizione di valutare nel merito la legge di riforma delle istituzioni.

Urna votazioni referendum

Il referendum confermativo sulle riforme costituzionali approvate dal Parlamento ebbe esito negativo: il 59,11% dei cittadini bocciò la riforma contro il 40,89 % dei favorevoli. La riforma costituzionale 2016 fu quindi cancellata. L'affluenza alle urne (68,48 %) fu piuttosto alta rispetto alle previsioni, testimoniando quindi una larga partecipazione degli italiani al voto. Tuttavia, i risultati di questo referendum confermativo non possono essere letti solamente come una bocciatura della riforma costituzionale, poiché per come si sviluppò la campagna referendaria la maggioranza degli elettori si sono recati alle urne per esprimere un voto sul governo Renzi piuttosto che sulla riforma.

La consultazione referendaria ha di fatto rappresentato un voto politico, più che un voto di merito sulla riforma costituzionale, per le seguenti ragioni:

  • la riforma costituzionale era un punto cardine del programma del governo Renzi, il quale aveva legato le sorti del suo governo a quelle della riforma sin dall'inizio, infatti, lo stesso Renzi nell'annunciare le sue dimissioni in seguito alla sconfitta sul referendum confermativo dichiarò: “Come era evidente e scontato dal primo giorno, l’esperienza del mio governo finisce qui.” (Il testo integrale del discorso di Matteo Renzi dopo la sconfitta al referendum costituzionale). Di fatto, la cosiddetta “personalizzazione” del referendum costituzionale, ovvero il legame tra le sorti del governo e le sorti del referendum costituzionale, era connaturata al governo Renzi sin dalla sua nascita, anzi era la sua stessa ragion d'essere, e i partiti ne erano perfettamente consapevoli avendo votato la fiducia al programma di governo che Renzi presentò alle camere;
  • le fazioni interne al PD e i partiti all'opposizione hanno cavalcato il legame tra governo Renzi e riforme costituzionali al fine di trasformare il referendum confermativo in un plebiscito pro o contro il governo, tra l'altro accusando Matteo Renzi di aver "personalizzato" il referendum quando, invece, sapevano benissimo come e perché era nata l'esigenza di dare impulso alle riforme istituzionali attraverso l'iniziativa di governo, una iniziativa mirata a ottemperare le condizioni poste da Giorgio Napolitano quando gli fu chiesto di accettare il secondo mandato;
  • Il quasi totaleallineamento di tutti gli oppositori del governo Renzi sul no alla riforma e gli argomenti utilizzati durante la campagna referendaria hanno evidenziato una strumentalizzazione del referendum ai fini della lotta politica, infatti molti personaggi politici hanno lasciato intendere, più o meno esplicitamente, che si votasse a favore o contro il governo;
  • Quasi tutti i cittadini intervistati dai mass-media che hanno votato "no" nel commentare la vittoria hanno candidamente ammesso di essere andati a votare per "mandare a casa il governo Renzi". Ancora più eclatanti i commenti a caldo dei rappresentanti dei partiti del fronte del no che hanno rivendicato la bocciatura del governo Renzi mettendo in secondo piano, o addirittura completamente dimenticando, di commentare la bocciatura della riforma costituzionale;
  • la misura stessa e la ripartizione geografica del risultato referendario, con una prevalenza del no superiore a qualsiasi previsione in particolare nelle zone più povere del paese, ha indotto alcuni commentatori politici a interpretare questo voto come “voto di protesta”, similmente a quanto accaduto in Gran Bretagna con la Brexit, come ad esempio il commento del direttore de La Stampa, Maurizio Molinari (La spallata del popolo della rivolta)

Ma se è vera la natura politica di questa consultazione, che questo referendum confermativo sulla riforma costituzionale si è trasformato in una sorta di ballottaggio tra governo e opposizioni, è anche vero che il risultato di questo referendum, assodata la bocciatura della riforma costituzionale e le dimissioni del governo Renzi, fa emergere pesanti contraddizioni nel sistema politico italiano, nei partiti e nelle strategie delle opposizioni, come ad esempio:

  • una mancanza di prospettiva politica del voto di protesta, poiché si conferma la propensione della maggioranza degli elettori a votare contro qualcuno piuttosto che per qualcuno, un atteggiamento che inevitabilmente porta con se una certa dose di autolesionismo;
  • una distorsione della percezione dei cittadini e dei media che continuano ad assegnare al Governo di turno un ruolo che oltrepassa la forma di governo parlamentare per sfociare in una sorta di presidenzialismo squilibrato, con una dialettica prevalente tra Governo e singoli partiti piuttosto che tra maggioranza e opposizione;
  • un'anomalia endemica dei conflitti tra partiti politici o addirittura interni a un partito che, come se nulla fosse, possono coinvolgere o sono consapevolmente alimentati per coinvolgere il governo che, sebbene sia un organo politico, è l'istituzione titolare del potere esecutivo la cui stabilità andrebbe tutelata e non minata continuamente. Nel caso specifico, la caduta del governo Renzi è sembrata parte di un conflitto interno al Partito Democratico mirato a indebolire Matteo Renzi nel suo ruolo di segretario.
  • l'idea che restituire la parola agli elettori sia sempre una cosa positiva, considerando le richieste di fine anticipata della legislatura che anche in questo caso si sono accompagnate alla crisi di governo. Questo atteggiamento populista di diverse forze politiche non solo non tiene conto delle reali esigenze dei cittadini, che ovviamente non possono essere soddisfatte da governi instabili e programmi di legislatura troncati, ma tende a deresponsabilizzare gli stessi partiti politici che troppo spesso scaricano le proprie responsabilità, oltre che sui governi, anche sugli elettori. Nel caso specifico, la richiesta di fine anticipata della legislatura dopo la caduta del governo Renzi era completamente inopportuna, sia per l'incoerenza delle leggi elettorali - quella per l'elezione della Camera dei Deputati (Italicum) doveva ancora essere giudicata dalla Corte Costituzionale, mentre la legge elettorale per il Senato era già stata giudicata parzialmente incostituzionale dalla Corte (con la Sentenza 14 gennaio n. 1 del 2014 che ne aveva abolito alcune parti), dando vita a un ibrido politico giuridico soprannominato Consultellum, per cui era indispensabile l'intervento del Parlamento per ripristinare la coerenza delle due leggi - sia perchè le dimissioni di Renzi da Presidente del Consiglio non mettevano in discussione la maggioranza parlamentare.