Unione Europea e politiche di coesione

La vecchia europa è stata per secoli un continente attraversato da guerre e conflitti tra Stati e negli Stati. Nell’epoca coloniale Portogallo, Spagna, Inghilterra e Francia sono state le prime potenze mondiali ed erano spesso in conflitto tra loro. La I rivoluzione industriale diede ai paesi europei un forte vantaggio competitivo che, tuttavia, fu utilizzato anche per accrescere la potenza bellica e per combattersi in guerre estremamente sanguinose e devastanti. Dopo la II guerra mondiale, dopo che la maggior parte dei paesi europei era stata rasa al suolo dai bombardamenti, emerse con forza l’esigenza di ricostruire un’Europa diversa, un’Europa pacifica in grado di eliminare il rischio di futuri conflitti armati. Dagli ideali espressi, ad esempio, nel Manifesto di Ventotene pubblicato nel 1944 ai primi passi della fondazione del Consiglio d’Europa nel 1949, dalla fondazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) nel 1951 alla istituzione della Comunità economica europea (CEE) nel 1957, dalla firma del trattato di Maastricht o trattato sull’Unione europea nel 1992 alla firma del trattato di Lisbona nel 2007 e in vigore dal 2009, il processo di costituzione dell’Unione Europea è stato lungo e travagliato ma solido. Successivamente alla fine della guerra fredda il mutamento degli equilibri geopolitici ha accelerato il processo di integrazione europea e ne ha in parte cambiato le finalità. L’Unione Europea è diventata per i popoli europei l’istituzione fondamentale per rivendicare il giusto peso politico ed economico nei confronti della altre superpotenze mondiali.

Euro - simbolo

L’Unione Europea è il risultato di una serie di accordi internazionali tra i principali Stati democratici del continente europeo che hanno avviato un processo di integrazione, prima economica e poi politica, attraverso la nascita di istituzioni autonome e rappresentative dei cittadini europei.

L'Unione Europea ha, quindi, una doppia natura che si riflette anche nelle sue strutture organizzative. In sostanza, essa si è dotata sia di istituzioni rappresentative dei governi degli Stati membri che di istituzioni direttamente rappresentative dei cittadini residenti nel territorio dell'Unione, ovvero di istituzioni democratiche autonome e parallele rispetto a quelle dei paesi membri.

In sostanza, l'Unione Europea si colloca a metà strada tra i due estremi rappresentati da un lato dalle organizzazioni frutto di trattati internazionali tra Stati autonomi e indipendenti (ad esempio l'ONU) e dall'altro dalle organizzazioni federali di Stati a sovranità limitata, come ad esempio gli Stati Uniti d'America.

Trovarsi a metà strada significa anche trovarsi in mezzo a un guado, ovvero in una situazione precaria che prima o poi dovrà necessariamente evolversi. La discussione politica sull'europa riguarda quindi le peculiarità ed i mutamenti organizzativi dell'Unione Europea.

L’evoluzione dell’Unione Europea

Si tratta di una questione molto importante poiché l'evoluzione dell'ordinamento europeo comporta cambiamenti sostanziali nel grado di autonomia e indipendenza degli Stati aderenti all'UE. Questi cambiamenti determineranno per gli Stati membri conseguenze:

  • sulle loro politiche economiche, già oggi ampiamente indirizzate dalle istituzioni europee;
  • sulle leggi promulgate dai loro ordinamenti giuridici, che già recepiscono automaticamente alcune norme di diritto europeo;
  • sulle scelte politiche dei loro governi, che sono già limitati da un parziale spostamento della sovranità popolare dalle istituzioni rappresentative dello Stato alle istituzioni rappresentative dell'Unione Europea.

Putroppo il dibattito politico interno nei paesi dell'UE raramente è focalizzato sull'evoluzione organizzativa e politica dell'Unione Europea poiché, spesso per ragioni demagogiche ed elettorali, è condizionato da un'eccessiva semplificazione che riduce la discussione ad uno scontro tra europeisti e antieuropeisti, tra dentro e fuori, o al limite tra più europa e meno europa.

Questo modo di affrontare la discussione politica sull'Europa comporta dei rischi da non sottovalutare, come ad esempio:

  • trascurare le questioni concrete che riguardano la vita quotidiana dei cittadini e che devono essere portate all'attenzione delle istituzioni europee e fatte valere nei confronti delle istanze di altri Stati membri (che essendo più concreti riescono a far pesare maggiormente i loro interessi);
  • banalizzare i problemi e le sfide che hanno fatto nascere l'esigenza di una Europa pacifica e unita, una necessità ampiamente dibattuta e sostenuta da autorevoli personaggi storici;
  • materializzare situazioni paradossali come la brexit, che è diventata una matassa talmente difficile da sbrogliare che il gioco sembra non valere la candela.

Non è infatti casuale che le critiche alle istituzioni europee e le polemiche sull'adesione all'UE (che generalmente prendono di mira i trattati istitutivi più recenti) subiscano delle accelerazioni in concomitanza di problemi di politica interna o di cattivo andamento dell'economia nazionale.

Più complessa e non priva di fondamento, invece, è stata la discussione che si è aperta in alcuni paesi in conseguenza della crisi economica internazionale del 2008 e della crisi dei debiti sovrani del 2011, che ha fatto emergere alcune contraddizioni tra le politiche di convergenza dell'Unione Europea e le politiche espansive che alcuni Stati membri gravati da un elevato debito pubblico avrebbero voluto adottare per combattere la crisi economica.

In ogni caso, proprio perché l'Unione Europea è un cantiere in continuo cambiamento non esente da errori e contraddizioni, gli Stati membri, alcuni più di altri, non possono lavarsi le mani e esentarsi dalla proprie responsabilità fingendo di subire passivamente le decisioni prese in sede europea. Ad esempio, l'Italia ha un ruolo tutt'altro che secondario nel determinare gli assetti e le politiche europee, essendo uno dei paesi fondatori e la terza economia dell'UE dopo Germania e Francia.

L’organizzazione attuale dell’Unione Europea

Le istituzioni rappresentative degli Stati membri

Le istituzioni rappresentative degli Stati membri sono il Consiglio Europeo e il Consiglio dell'Unione Europea.

Il Consiglio Europeo è composto da:

  • i capi di Stato o di governo dei 28 Stati membri dell'UE;
  • il presidente della Commissione europea;
  • il presidente del Consiglio europeo eletto per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta.

Generalmente il processo decisionale nel Consiglio europeo è di tipo consensuale, ma quando in determinati casi previsti dai trattati occorre decidere a maggioranza qualificata o all'unanimità i due presidenti non partecipano alle votazioni. Quando sono in discussione temi di politica estera anche l’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa alle riunioni del Consiglio europeo.

Le funzioni del Consiglio europeo sono essenzialmente di indirizzo politico. Essendo il promotore dello sviluppo dell’Unione ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali, ma non ha potere legislativo. Il Consiglio europeo inoltre gestisce eventuali problemi che non possono essere risolti con le normali procedure di cooperazione intergovernativa, definisce la politica comune estera e di sicurezza dell'UE, nomina ed elegge i candidati a determinati ruoli delle istituzioni dell'UE come ad esempio la BCE e la Commissione, può attivare un intervento della Commissione europea e del Consiglio dell'Unione Europea su specifiche questioni ritenute prioritarie. Ha sede a Bruxelles.

Il Consiglio dell'Unione Europea, denominato anche Consiglio dell’Unione o, semplicemente, Consiglio, è formato da:

  • i rappresentanti degli Stati membri a livello ministeriale che sono chiamati a partecipare alle riunioni in base alle materie da trattare, assumendo attualmente 10 diverse configurazioni.

Ad esempio, al cosiddetto ECOFIN partecipano i ministri dell'economia e delle finanze di tutti gli Stati membri, ma alle sedute per la preparazione del bilancio annuale partecipano anche i ministri del bilancio nazionali. L'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE è il presidente permanente del Consiglio Affari esteri, mentre la presidenza delle altre riunioni del Consiglio è affidata al ministro competente del paese che in quel momento esercita la presidenza di turno dell'UE, che ruota ogni sei mesi. Le politiche economiche dei paesi dell'area euro sono coordinate dall'Eurogruppo, composto dai rispettivi ministri economici e delle finanze che sono autorizzati a impegnare i rispettivi governi a perseguire le azioni concordate in tale sede.

Il Consiglio dell'Unione Europea è dotato di potere legislativo, infatti negozia e approva le norme legislative dell'UE, nella maggior parte dei casi assieme al Parlamento europeo attraverso la procedura legislativa ordinaria, nota anche come codecisione. La procedura legislativa ordinaria viene utilizzata per i settori (circa 85) in cui l'UE ha competenza esclusiva o concorrente con gli Stati membri e si incardina sulle proposte presentate dalla Commissione europea. Il Consiglio è inoltre responsabile del coordinamento delle politiche degli Stati membri in ambiti specifici, definisce e attua la politica estera e di sicurezza dell'UE, conclude accordi internazionali, adotta il bilancio dell'UE insieme al Parlamento europeo.

Il processo decisionale del Consiglio dell'UE è basato su discussioni e votazioni pubbliche generalmente a maggioranza qualificata (che si ottiene con il voto favorevole del 55% dei paesi, ovvero di almeno 16 Stati membri sugli attuali 28, che rappresentino almeno il 65% della popolazione totale dell'UE). Per bloccare una decisione occorrono almeno 4 paesi (che rappresentino almeno il 35% della popolazione totale dell'UE). Per materie delicate come la politica estera o la fiscalità si richiede l'unanimità di tutti i paesi, mentre per questioni procedurali e amministrative è richiesta la maggioranza semplice. Il Consiglio ha sede a Bruxelles.

Tra le organizzazioni rappresentative di Stati europei (47 tra cui i 28 membri UE) c'è anche il Consiglio d'Europa che pur lavorando in stretta collaborazione con le istituzioni dell'Unione Europea non ne fa parte. Il Consiglio d'Europa è la principale organizzazione del continente per la tutela dei diritti umani e rappresenta gli Stati firmatari della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) la cui applicazione è salvaguardata dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo.

Le istituzioni rappresentative dei cittadini europei

Le istituzioni europee rappresentative dei cittadini sono il Parlamento europeo e la Commissione europea.

Il Parlamento europeo è l'organo legislativo dell'UE, eletto a suffragio universale direttamente dai cittadini europei ogni cinque anni. E' composto da un presidente e 750 deputati, eletti dai paesi membri in numero proporzionale rispetto alla loro popolazione ma con una soglia compresa tra un minimo di 6 e un masssimo di 96 eurodeputati. Ad esempio, l'Italia elegge 73 eurodeputati ed è suddivisa in cinque circoscrizioni. Il Parlamento europeo è attualmente organizzato in 24 commissioni per materie, 8 gruppi politici e 44 delegazioni deputate a intrattenere rapporti e scambiare informazioni con i parlamenti dei paesi fuori dall'Unione Europea.

La principale funzione del Parlamento europeo è ovviamente quella legislativa, infatti esso approva le leggi dell'Unione Europea, sovente in condecisione con il Consiglio dell'Unione Europea, sulla base delle proposte della Commissione europea, decide sugli accordi internazionali, delibera in merito agli allargamenti, rivede il programma di lavoro della Commissione e le chiede di presentare proposte legislative. Il Parlamento ha inoltre una funzione di supervisione e controllo su tutte le istituzioni dell’UE, elegge il presidente della Commissione europea e approva la formazione della suddetta Commissione che può anche essere obbligata alle dimissioni con l'approvazione di una mozione di censura, approva le spese e i bilanci dell’Unione europea, esamina le petizioni dei cittadini, può esercitare un potere investigativo e aprire inchieste, discute la politica monetaria con la Banca centrale europea, rivolge interrogazioni alla Commissione e al Consiglio, effettua il monitoraggio sul corretto svolgimento delle elezioni. Infine, il Parlamento europeo redige il bilancio dell’Unione europea, insieme al Consiglio, e approva il bilancio pluriennale dell’UE.

La sede ufficiale del Parlamento europeo è Strasburgo dove si svolge la maggior parte delle sedute plenarie, mentre gli uffici principali degli eurodeputati sono a Bruxelles. Una parte dei servizi amministrativi è invece dislocata a Lussemburgo.

La Commissione europea è l'organo esecutivo dell'UE. E' composto da 28 commissari (uno per ciascun paese dell'UE) più il presidente della Commissione che viene scelto dai leader nazionali nel Consiglio europeo, tenendo conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo, ed eletto dalla maggioranza dei membri del Parlamento europeo.

Il candidato presidente sceglie a sua volta i potenziali vicepresidenti e i commissari, sulla base dei suggerimenti dei paesi membri dell’UE tra l'elenco dei candidati approvato dai leader nazionali nel Consiglio europeo, assegnando le diverse competenze politiche. Dopodiché ogni candidato compare dinanzi al Parlamento europeo per illustrare la propria visione politica e rispondere alle domande, in modo che il Parlamento possa votare l'approvazione del gruppo di candidati prescelti. Infine, il Consiglio europeo procede con la nomina a maggioranza qualificata dei commissari.

Il presidente della Commissione, i suoi sette vicepresidenti (tra cui il primo vicepresidente e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) e gli altri 20 commissari costituiscono il collegio dei commissari, ovvero l'equivalente del nostro governo, infatti la Commissione è organizzata in direzioni generali (DG) ciascuna responsabile di uno specifico settore politico, con un proprio portafoglio e personale (giuristi, economisti, ecc.) che si occupa della gestione quotidiana delle attività della Commissione.

La Commissione europea svolge in via esclusiva il compito di presentare le proposte di legge al Parlamento europeo e al Consiglio, tutela gli interessi dell’UE e dei suoi cittadini su questioni che non possono essere gestite efficacemente a livello nazionale avvalendosi, per gli aspetti tecnici, di esperti e raccogliendo le indicazioni dell’opinione pubblica. Si occupa della gestione dei finanziamenti dell'UE stabilendo le priorità di spesa dell’UE, unitamente al Consiglio e al Parlamento, predisponendo i bilanci annuali da sottoporre all’approvazione del Parlamento e del Consiglio, controllando come vengono usati i fondi in collaborazione con la Corte dei conti. La Commissione, inoltre, assieme alla Corte di giustizia si assicura che le leggi dell’UE siano correttamente applicate in tutti i paesi membri e rappresenta l'UE presso gli organismi internazionali, in particolare per la politica commerciale e gli aiuti umanitari, e nelle negoziazioni di accordi internazionali.

Le attività della Commissione sono imperniate sul piano strategico definito dal presidente della Commissione e sono articolate in obiettivi strategici dai commissari. Questi ultimi coordinati dai vicepresidenti delineano il programma annuale di lavoro avvalendosi di un processo decisionale collettivo, dove tutti i commissari hanno lo stesso peso e sono ugualmente responsabili delle decisioni adottate. Sulla base dei progetti prioritari così definiti, i commissari fanno capo ai vicepresidenti per presentare proposte al collegio che generalmente, lavorando in stretta collaborazione e in modo flessibile, adotta le decisioni per consenso, anche se le decisioni possono essere prese con votazioni a maggioranza semplice con un voto per ogni commissario. I commissari si avvalgono delle Direzioni Generali competenti (DG) per l'elaborazione dei progetti di proposte legislative, che una volta approvate dal collegio dei commissari diventano ufficiali e vengono trasmesse al Consiglio e al Parlamento per la fase successiva del processo legislativo europeo.

Le altre istituzioni europee

Le altre principali istituzioni europee sono la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), la quale garantisce che il diritto dell'UE sia applicato allo stesso modo in tutti gli Stati membri e dirime le controversie giuridiche tra governi nazionali e istituzioni dell'UE, la Banca centrale europea (BCE), responsabile della gestione dell'euro e della politica economica e monetaria dell'UE mirata a mantenere la stabilità dei prezzi per favorire la crescita e l'occupazione, e la Corte dei conti europea che monitora lo stato delle finanze dell'Unione e, pur non essendo dotata di poteri legali, opera nell'interesse dei contribuenti dell'UE per migliorare la gestione da parte della Commissione europea del bilancio dell'UE.

La Costituzione europea

L'ordinamento dell'Unione Europea è quindi abbastanza complesso e risente del fatto di essere costituito attraverso trattati internazionali multilaterali piuttosto che da una Costituzione formale. In effetti, si è tentato di dotare l'Unione europea di una Costituzione formale, ma senza riuscirci a causa dell'opposizione di alcuni paesi che hanno visto nella promulgazione della Costituzione europea una ulteriore cessione di sovranità, verso la quale permangono ancora diffidenze e perplessità.

Il progetto di Costituzione europea fu avviato nel dicembre 2001 e si concretizzò con la sottoscrizione da parte degli allora 25 paesi membri dell’UE di un trattato, il 29 ottobre 2004 a Roma. Tuttavia, questo trattato fu adottato solamente da 18 Stati membri su 27 (tra cui l’Italia), poiché negli altri paesi si determinarono ostacoli e resistenze al processo di ratifica, come ad esempio l'esito negativo dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi. Il fallimento del processo di ratifica e l'esigenza impellente di riformare comunque le istituzioni europee indussero il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 a rinunciare al varo di una Costituzione europea ed a proseguire il cammino verso l'integrazione con lo strumento dei trattati multilaterali. Infatti, il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009 dopo la ratifica dei 27 Stati membri ha sostanzialmente accolto quasi tutte le innovazioni contenute nella mancata Costituzione europea e, attualmente, costituisce la principale fonte normativa di riferimento dell'Unione Europea.

Ai 27 Stati che hanno ratificato il trattato di Lisbona (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia, Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Rep. Ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Slovacchia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Slovenia, Cipro, Estonia, Lussemburgo, Malta) si è poi aggiunta la Croazia che è entrata a far parte dell'Unione Europea nel 2013.

Sebbene l'Unione Europea si sia dotata di una moneta unica e di una banca centrale non tutti gli Stati membri hanno adottato l'Euro, infatti la Bulgaria, la Croazia, la Danimarca, la Polonia, il Regno Unito, la Repubblica Ceca, la Romania, la Svezia e l'Ungheria conservano le loro rispettive monete.

Per quanto riguarda gli Stati aderenti all'Unione Europea e gli ulteriori allargamenti occorre evidenziare che, dopo l'esito del referendum sulla cosiddetta Brexit, il Regno Unito ha avviato le trattative per uscire dall'Unione, mentre gli Stati attualmente candidati per l'adesione all'UE sono: la Turchia, la Macedonia, il Montenegro, la Serbia, l'Albania, la Bosnia ed Erzegovina, il Kosovo.

I Trattati europei

Oltre il Trattato di Lisbona del 2007, i principali trattati che hanno dato forma e sostanza all'attuale Unione Europea sono stati:

  • il Trattato di Roma, firmato il 25 Marzo 1957 da 6 Stati (Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo), istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE) poi divenuta Comunità Europea (CE), successivamente ridenominato Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea" (TFUE) con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona;
  • il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 da 12 Stati, istitutivo dell’Unione Europea, che tra le altre cose sanciva l'Unione economica e monetaria da realizzare in tre fasi e le regole sull'allargamento dell'Unione;
  • il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 da 15 paesi, che mirava a rafforzare l'unione politica in particolare per la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, per la politica estera e di sicurezza comune, per la libera circolazione dei cittadini con l'incorporazione del sistema Schengen nell'Unione europea;
  • il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001 dai 15 paesi dell'Unione europea, che modificava il trattato di Maastricht (TUE) e i trattati di Roma (TFUE) nel tentativo di riformare le istituzioni europee in vista dell'allargamento;
  • il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, ovvero il Patto di bilancio europeo o Fiscal compact, firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei 28 stati membri dell'Unione europea (non ratificato da Regno Unito, Repubblica Ceca e Croazia che non faceva ancora parte dell'UE) ed entrato in vigore il 1º gennaio 2013, nell'ambito del sistema di cooperazione rafforzata su determinate materie introdotto dal Trattato di Amsterdam, che mira a coordinare le politiche di bilancio degli Stati membri come precondizione per una maggiore integrazione europea, attraverso l'irrigidimento dei vincoli sul rapporto deficit/PIL e debito/PIL degli Stati membri e l'introduzione di sanzioni automatiche in caso di violazione dei suddetti parametri.

Quest'ultimo trattato, in particolare, ha suscitato molte reazioni negative da parte dell'opinione pubblica nei paesi come l'Italia che hanno un elevato stock di debito pubblico e fanno fatica a sostenere la crescita economica.

I vincoli imposti da questo trattato, tra cui:

  • l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sotto la soglia dello 0,5% del PIL (dell'1% per i paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del PIL) ovvero di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate qualora gli obiettivi di bilancio concordati non fossero raggiunti;
  • la prescrizione di sanzioni semiautomatiche in caso di sforamento della soglia del 3% nel rapporto deficit/PIL;
  • l'adozione di norme in Costituzione che obblighino al pareggio di bilancio;
  • l'obbligo di mantenere il debito pubblico sotto la soglia del 60% del PIL ovvero di ridurlo sotto la soglia del 60% entro venti anni,

sono stati criticati anche da alcuni economisti poiché rischiano di ostacolare la crescita economica di quei paesi che hanno un elevato debito pubblico.

Tuttavia, gli ostacoli alla crescita economica (determinati dai vincoli di bilancio necessari al processo di integrazione europea) e il sostegno alla crescita economica trovano una sintesi nelle politiche di coesione adottate dall'Unione Europea.

Le politiche di coesione economica dell’UE

La costruzione dell'Unione Europea se per un verso impone agli Stati membri il rispetto di determinati parametri che possono penalizzare la crescita economica di singoli paesi, per l'altro verso conferisce agli Stati membri l'opportunità di attingere risorse finanziarie dai Fondi strutturali al fine di sostenere lo sviluppo economico e una crescita sostenibile e inclusiva.

L'Unione Europea, infatti, spende una parte consistente delle risorse in bilancio per finanziare fondi specificatamente destinati alle politiche di coesione economica sociale e territoriale.

L'Unione Europea ha abbracciato sin dall'inizio il criterio della solidarietà tra paesi membri, anche al fine di superare le grandi disparità territoriali e demografiche che avrebbero potuto ostacolare l'integrazione e lo sviluppo in Europa, istituendo con il trattato di Roma del '57 il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG). Ai primi due Fondi strutturali si sono poi aggiunti il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) nel 1975 e il Fondo di coesione (FC) nel 1994.

Probabilmente l'opinione pubblica tende a sottovalutare la portata delle politiche europee mirate a stimolare la crescita e l'occupazione e a ridurre le disparità economiche tra le regioni, quando invece quasi la metà del bilancio annuale dell'UE è destinata a finanziare il raggiungimento di questi obiettivi (rispettivamente il 14% per la crescita e il 34% per la coesione, di circa 157,9 miliardi di euro del Bilancio UE nel 2017). Una percentuale significativa del bilancio europeo è inoltre destinata ad agricoltura, sviluppo rurale, pesca e tutela dell'ambiente.

Nello specifico alle politiche di coesione per il periodo 2014-2020 è stato destinato quasi un terzo delle risorse previste nel bilancio complessivo UE pari ad un investimento di 351,8 miliardi di euro cui si aggiungono i contributi nazionali e gli altri investimenti privati, per un impatto quantificabile in circa 450 miliardi di euro.

La politica di coesione viene attualmente finanziata attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo di coesione (destinato gli Stati membri con PIL inferiore al 90 % rispetto alla media UE a 27 senza la Croazia). Con il trattato di Lisbona alla "coesione economica e sociale", definita nell'Atto unico europeo del 1986 come la riduzione del divario fra le diverse regioni e del ritardo delle regioni meno favorite, è stata aggiunta anche la "coesione territoriale" che dovrebbe indirizzare le politiche di coesione verso uno sviluppo territoriale più equilibrato e sostenibile. Le politiche di coesione si intrecciano quindi con le politiche regionali correlate al FESR che opera specificamente a livello regionale.

Per garantire il coordinamento e la coerenza tra la politica di coesione e le altre politiche UE che contribuiscono allo sviluppo regionale (le politiche di sviluppo rurale e per gli affari marittimi e la pesca) l'Unione Europea ha adottato per l’esercizio finanziario 2014-2020 una regolamentazione più uniforme in grado di creare sinergie tra il FESR, il FSE, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Questi cinque fondi costituiscono i Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE).

Le politiche di coesione a sostegno della crescita per il periodo 2014-2020 sono dirette prioritariamente al rafforzamento della ricerca e dell'innovazione, alla diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, al miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese, a sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di anidride carbonica.

Lo spostamento di competenza in materia di aiuti e agevolazioni dagli Stati membri alle istituzioni europee e l'adozione di criteri quali:

  • l'organizzazione dei fondi per obiettivi e per regioni,
  • il partenariato tra la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali nella pianificazione, attuazione e monitoraggio dei programmi,
  • la programmazione degli interventi,
  • l'addizionalità dei contributi europei e nazionali,

ha limitato il potere discrezionale dei governi dei paesi membri dell'UE che non possono più concedere aiuti di Stato ad imprese o settori produttivi senza violare le norme europee sulla concorrenza (con l'eccezione degli aiuti erogati in regime "de minimis", ovvero erogati con determinate modalità e per importi ricompresi nei parametri stabiliti da norme europee).

Anche per quanto riguarda le politiche di coesione (così come per le scelte politiche connesse al rispetto dei criteri di convergenza e dei vincoli di bilancio) i governi e le amministrazioni nazionali svolgono un ruolo decisivo e sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità.

Infatti, le istituzioni europee demandano le scelte e la gestione efficace ed efficiente dei Fondi strutturali alle autorità nazionali e regionali, che in collaborazione con la Commissione europea, devono assicurare la gestione corrente dei fondi.

Gli Stati membri hanno quindi dovuto dotarsi di agenzie e gruppi di lavoro competenti all'interno delle amministrazioni pubbliche per selezionare, finanziare e monitorare i progetti più adatti a rispondere alle esigenze locali, nonché per informare enti pubblici, privati, università, associazioni e ONG sulle opportunità di finanziamento.

Tuttavia, non sempre l'Italia è stata in grado di sfruttare adeguatamente le opportunità offerte dalla politiche di coesione europee, poiché l'uso efficiente dei Fondi strutturali presuppone il rispetto di modalità operative e di una serie di criteri che le agenzie e le pubbliche amministrazioni italiane preposte alla elaborazione e alla gestione di progetti da finanziare con i fondi europei fanno fatica ad assimilare.

Riferimenti

Istituzioni

Normativa base