Il Governo Monti

Periodo di riferimento: 2011 - 2013
Il Parlamento italiano per non essere sopraffatto dalla crisi delle finanze pubbliche ovvero da un possibile default dello Stato italiano, che avrebbe avuto conseguenze disastrose e perduranti sull’economia reale, approvò quasi plebiscitariamente la fiducia al Governo Monti: 281 sì, 25 no e nessun astenuto in Senato e 556 sì, 61 no e nessun astenuto alla Camera. Evidentemente, la situazione finanziaria del paese aveva raggiunto un livello di allarme gravissimo e, al contrario di altri paesi che avevano chiesto aiuti e prestiti alle istituzioni finanziarie europee e internazionali, un eventuale richiesta di aiuti da parte dell’Italia avrebbe quasi certamente aggravato la situazione. Infatti, la crisi delle finanze pubbliche italiane, oltre cha da fattori esterni, era fortemente condizionata da una crisi di fiducia da parte dei mercati e delle stesse istituzioni europee e internazionali nei confronti del governo in carica. Per questo motivo fu nominato Presidente del Consiglio Mario Monti - stimato in Europa per aver ricoperto gli incarichi di Commissario europeo per il mercato interno e di Commissario europeo per la concorrenza - al fine di attuare alcune riforme impopolari mirate a sanare i conti pubblici e riguadagnare la fiducia dei mercati finanziari e delle istituzioni europee e internazionali.

Il governo tecnico di Mario Monti

Il Governo Monti ha governato l'Italia dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. Il Governo Monti è stato un governo tecnico di emergenza formato dalle forze politiche presenti in Parlamento durante la XVI legislatura per varare una serie di misure impopolari al fine di evitare il tracollo finanziario dello Stato italiano.

La grave crisi finanziaria in cui era precipitato lo Stato italiano nel 2011 era stata causata dall'innalzamento insostenibile del tasso di interesse per il rinnovo del debito pubblico (il cosiddetto spread). La crescita del tasso di interesse per l'emissione di nuovi titoli del debito pubblico era stata a sua volta causata da una crisi di fiducia dei mercati finanziari internazionali sulla capacità dello Stato italiano di ripagare il suo enorme debito pubblico. Per inciso, i mercati finanziari non coincidono con l'Unione Europea poiché comprendono investitori residenti negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi, in Cina e in altri paesi, oltre che in Europa.

Il Governo Monti ha quindi dovuto adottare una serie di misure finanziarie impopolari per recuperare gli errori commessi dai governi precedenti che hanno gestito male le risorse pubbliche e non hanno saputo prevenire prima e fronteggiare poi la crisi economica esplosa nel 2008.

In sostanza, il governo Monti non ha salvato l'Italia dalla crisi economica, che anzi è stata in parte accentuata dagli effetti recessivi della manovra finanziaria varata dal governo Monti, ma ha salvato l'Italia dalla crisi finanziaria dello Stato e più precisamente da una crisi del debito sovrano che ha colpito anche altri paesi membri dell'Unione Europea (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna, Cipro) e non (Islanda).

Tuttavia, nonostante l'effetto recessivo di alcuni provvedimenti, non è possibile addebitare al Governo Monti alcuna responsabilità per la crisi economica italiana poiché questa era già conclamata nel 2008, mentre le premesse della crisi economica erano state gettate già a partire dai primi anni del 2000. Nello specifico, il crollo della domanda interna (dei consumi e degli investimenti) non si è verificato a causa della manovra finanziaria del Governo Monti, che era di "soli" 34 mld considerato che nel 2011 il Governo Berlusconi con Tremonti aveva già varato altre manovre per un importo complessivo di circa 54,2 mld, tra l'altro più pesanti dal punto di vista fiscale. Il crollo dei consumi e degli investimenti è stato in realtà una conseguenza del declino economico dell'Italia iniziato nei primi anni del 2000 e diventato evidente nel 2008.

Come già accennato, quando nel 2011 nei corridoi della politica si cominciò a parlare di un governo tecnico era in corso la XVI legislatura del Parlamento e il potere esecutivo era in mano al IV Governo Berlusconi, il sessantesimo governo della Repubblica Italiana, formatosi subito dopo le elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008 dopo l'ennesimo scioglimento anticipato delle Camere del 6 febbraio 2008.

Il IV Governo Berlusconi era nato con il sostegno di una solida maggioranza sia alla Camera dei Deputati, dove ottenne la fiducia il 14 maggio 2008 con 335 voti favorevoli, 275 contrari e 1 astenuto, sia al Senato, dove ottenne la fiducia il 15 maggio 2008 con 173 voti favorevoli, 137 contrari e 2 astenuti. Ma non solo, la solidità di questo governo era testimoniata anche dal fatto che, quando fu incaricato di formare il governo, Silvio Berlusconi accettò senza riserva presentando contestualmente la lista dei ministri da nominare.

Nonostante l'indubbia solidità della sua maggioranza parlamentare, l'8 novembre 2011 il IV Governo Berlusconi non ottenne la maggioranza alla Camera dei Deputati su una importante votazione che riguardava il rendiconto generale dello Stato e, il 12 Novembre 2011, il Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi rassegnò le dimissioni del Governo da lui presieduto.

Nel 2011 era scoppiata in Europa la crisi dei debiti sovrani e l'Italia era repentinamente diventata uno dei paesi più a rischio di "default" e, data la dimensione della sua economia (ottava potenza economica mondiale e quarta a livello europeo), si era diffuso il timore che l'Italia potesse trascinare nel baratro l'intera Unione Europea.

La crisi del debito italiano divenne evidente nel mese di Giugno 2011, subito dopo che Grecia, Irlanda e Portogallo ormai ad un passo dal default avevano chiesto aiuto all'Unione Europea, e andò via via peggiorando. Lo "spread", cioè il differenziale di rendimento fra titoli di stato italiani e quelli tedeschi presi come riferimento, cominciò a crescere di mese in mese arrivando a superare i 500 punti nel mese di Novembre. Se la crescita dello "spread" non avesse invertito la tendenza, o addirittura avesse continuato la sua corsa, l'Italia non sarebbe più stata in grado di collocare a tassi ragionevoli i suoi titoli di debito e, quindi, il debito pubblico italiano sarebbe diventato tecnicamente insostenibile con tutte le conseguenze del caso.

L'Italia, a differenza di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (gli altri cosiddetti PIIGS), non ritenne opportuno chiedere aiuti diretti all'Unione Europea, sia perchè il commissariamento da parte delle istituzioni europee di un paese fondatore dell'Unione Europea non sarebbe stato ben accolto dai mercati internazionali, sia perchè le istituzioni europee erano disposte a concedere questi aiuti solo a condizione di una rapida attuazione di riforme e prescrizioni che avrebbero avuto pesanti ripercussioni sul piano economico-sociale.

Per uscire dalla situazione di emergenza finanziaria occorreva quindi rimuovere urgentemente le cause che avevano indotto gli investitori internazionali a dubitare della solidità del bilancio pubblico italiano e, quindi, ad acquistare i titoli di debito italiani solamente a condizione che i relativi tassi d'interesse fossero abbastanza alti da compensare l'aumentato rischio. Le cause di sfiducia nei confronti dell'Italia erano: la scarsa o assente crescita del PIL, l'enorme stock di debito pubblico di nuovo in crescita a partire dal 2008, la scarsa credibilità del Governo e del sistema politico.

Queste furono le ragioni per cui, sotto le pressioni del settore finanziario e di altre istituzioni, la maggioranza parlamentare che sosteneva il IV Governo Berlusconi venne meno costringendo, il 12 novembre 2011, Silvio Berlusconi a rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio, al fine di consentire la formazione di un governo tecnico, guidato dal neo-senatore a vita Mario Monti che si insediò il 16 novembre 2011.

E' importante evidenziare la credibilità internazionale di Mario Monti guadagnata nelle istituzioni europee, essendo stato commissario europeo per il mercato interno tra il 1995 e il 1999 sotto la Commissione Santer e commissario europeo per la concorrenza fino al 2004 sotto la Commissione Prodi.

La crisi del debito sovrano italiano fu quindi superata attraverso la formazione di un governo tecnico che fu costretto ad adottare misure impopolari, tra cui l'aumento della tassazione complessiva dei cittadini. Infatti, il 6 Dicembre 2011 il Governo Monti varò il decreto salva-Italia, recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici", una manovra da 34 miliardi di euro che aveva l'obiettivo di consolidare le finanze pubbliche e rispettare le prescrizioni europee e che riuscì a centrare l'obiettivo di riportare la fiducia sui mercati e di creare le premesse per una riduzione dello spread.

Nel giro di poche settimane lo spread si ridusse sensibilmente per poi tornare a salire di nuovo, condizionato anche dall'ennesimo declassamento del rating del 13 gennaio 2012 dei titoli di Stato italiani da parte di Standard's & Poor's, fino a quando, grazie anche al varo da parte della Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi di un "piano di rifinanziamento a lungo termine" (LTRO) concesso in data 22 dicembre 2011 e in data 29 febbraio 2012 alle banche, il tasso di interesse sui titoli del debito pubblico italiano diminuì gradualmente fino al mese di Marzo.

Con la normalizzazione dello "spread" il Governo Monti riuscì a traghettare l'Italia fuori dalla situazione di emergenza finanziaria, ma si trovò costretto a varare con urgenza alcune riforme impopolari, tra cui la cosiddetta "legge Fornero" che riformava il sistema delle pensioni, mentre altre riforme che avrebbero dovuto essere varate nei mesi a seguire, cessata la situazione di emergenza, furono progressivamente ammorbidite.

Si arriva quindi all'8 dicembre 2012 quando, dopo un colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio Mario Monti annuncia di voler rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato dopo l'approvazione della Legge di Stabilità. Due giorni prima il PdL, dopo un crescendo di critiche, aveva annunciato di voler togliere il sostegno al governo inviando un segnale inequivocabile con l'astensione sui provvedimenti del governo alla Camera e la non partecipazione al voto su quelli al Senato (l'astensione al Senato sarebbe valsa come voto contrario), evitando così di far cadere da subito il governo Monti sul decreto sviluppo, decreto su cui il governo aveva posto la questione di fiducia.

Il 21 dicembre 2012 la Camera approva in via definitiva la Legge di Stabilità 2013 e la Legge di Bilancio e subito dopo Mario Monti rassegna le dimissioni da Presidente del Consiglio. Il giorno dopo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano decreta lo scioglimento anticipato delle Camere e quindi il rinnovo del Parlamento con le elezioni politiche che verranno indette per il 24 e 25 Febbraio 2013.

Il Governo Monti rimarrà in carica per gli affari correnti fino all'insediamento del Governo Letta avvenuto il 28 Aprile 2013.

Riferimenti